martedì 15 marzo 2016

Daniel Keyes: Una stanza piena di gente

La copertina del libro. Farla più brutta avrebbe richiesto troppo sforzo.

Quando mio fratello mi ha raccontato per la prima volta la storia di Billy Milligan, sono rimasto a bocca aperta. Letteralmente.

Questo ragazzo, nato negli anni ’50, è stato il primo caso, in America, di assoluzione per crimini gravi (stupro, nel suo caso) perché l’imputato era affetto da disturbo dissociativo dell'identità (a.k.a. personalità multipla). 
E fin qui non ci sono grossi motivi per stupirsi.

Quando però ho scoperto che dentro la testa del caro Billy convivevano non una, non due, non cinque ma ben ventiquattro personalità diverse, la mia mascella è cascata di brutto.

Il libro, scritto da Daniel Keyes, racconta la vita di Milligan: l’infanzia tormentata (veniva regolarmente violentato e torturato dal patrigno), l’adolescenza difficile, i vuoti di tempo – le diverse personalità non sapevano cosa accadesse quando non erano coscienti –, le difficoltà relazionali e dell’apprendimento, l’età adulta vissuta di espedienti e piccoli crimini. Poi l’arresto, i primi sospetti che una “semplice” infermità mentale non sarebbe stata sufficiente a spiegare gli atteggiamenti del ragazzo, la lotta degli avvocati per il riconoscimento della malattia e il ricovero in una delle prime strutture in America attrezzate a trattare quel genere di infermità.

Una vita come quella di Billy non deve essere stata facile e il dolore per la sua condizione emerge solo quando le terapie a cui viene sottoposto cominciano a dare i primi frutti. 
Ho scoperto che le terapie, in casi di dissociazione di personalità, non prevedono la negazione delle singole persone che convivono in una sola testa (sì, avete letto bene: si definiscono persone non personalità) ma anzi, mirano a fare in modo che tutte prendano coscienza delle altre, comincino a interagire tra di loro, si rendano conto delle similitudini caratteriali e – pian piano – si fondano l’una nell'altra.

Immaginate per un attimo la difficoltà di un terapeuta dinnanzi a un caso come questo e il precario equilibrio in cui una personalità deve ricomporsi, forzatamente, in età adulta.
È un po’ come se ogni aspetto di voi, la parte che si incazza facilmente, quella che piange davanti ai film d’amore, quella che vorrebbe mollare tutto e andare a vivere nei boschi, avesse una vita propria. 

Il libro è scritto in una maniera semplice e scorrevole, senza fronzoli né artifici letterari: parte come un thriller legale quando gli avvocati si rendono conto di cosa si muove nella testa di Billy e cercano di trovare il modo migliore per trattare il suo caso, passa per una biografia – quando scopriamo quali traumi ha dovuto subire una persona per arrivare a quel livello di dissociazione – e arriva alla cronaca degli ultimi anni in giro per le strutture sanitarie. 
La lettura in sé non è avvincente – non aspettatevi Stephen King – ma la storia compensa abbondantemente.

Se volete scoprire cosa c’era dentro Billy, quali erano i nomi e la caratteristiche di ogni persona e chi eraIl Maestro, correte a leggere Una stanza piena di gente
Capirete pure il perché di questo titolo.

Per concludere, gira in rete la voce che Di Caprio abbia comprato i diritti del libro per farne un film. 
La parte di Billy Milligan sì che meriterebbe un Oscar, altro che l’attacco dell’orso.

Voto: 7, perché la storia è da 8 ma la scrittura da 6.

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