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Il poster del film |
Il circolino del mercoledì cinema non ha ancora ripreso le
sue regolari attività ma in casa non ci facciamo mancare nulla: l’altra sera ci
siamo visti Ex_Machina (sono riuscito
a convincere la mia metà a vederlo solo paragonadolo a Her e, quindi, barando).
Non farò giri di parole: il film non mi è piaciuto.
O
meglio, ha delle ottime premesse e un interessante sviluppo della trama ma si
smoscia sul finale.
E se canni il finale di una storia è come preparare una
bella torta ma sbagliare la cottura. Gli ingredienti saranno stati pure buoni
ma se il risultato è appena mangiabile e poco digeribile, qualcosa hai cannato, punto.
Ex_machina
comincia bene, e a bomba: Caleb (il protagonista) ci viene subito presentato
come il vincitore di questa lotteria aziendale ma invece di finire nella vasca
a nuotare con gli altri impiegati selezionati, finisce nella super magione di
Nathan, un genio a metà strada tra Batman e Steve Jobs (che, da subito, sta sulle palle a
metà del pubblico).
Con la stessa velocità ti rendi conto di essere immerso in
una realtà diversa da quella usuale: la casa di Nathan è il capolavoro della
domotica (bella la scena sottilmente inquietante della porta che si chiude in automatico
alle spalle di Caleb appena entrato) e il giorno stesso il protagonista si trova faccia a
faccia con Ava, un robot dal viso angelico (e tu già pensavi alla fregatura che
si celava dietro i suoi occhi) e dalle forme femminili, pur se meccaniche.
Non procedo oltre con la storia e vi evito gli spoiler,
almeno per ora.
Il film va avanti con una serie di sessioni tra Ava e Caleb
mentre io mi facevo, nell’ordine, le seguenti domande:
- Vuoi vedere che il robot è Caleb e il test è al contrario?
- Come si rifornisce di viveri il caro Nathan se vive là sui monti con Annette?
- Come funziona la programmazione del cervello di Ava se è
tutto composto da gel?
- Nathan ha ideato, progettato, plasmato e montato il robot da solo? Proprio solo solo?
- Non poteva fare un robot con le tette più grosse?
Insomma i dubbi dell’uomo qualunque.
La delusione arriva verso la fine del fim.
A parte la scena/citazione di Barbablù che è di
un’inquietudine da pelle d’oca, il resto scivola via senza lasciare il segno.
Classico ribaltamento dei punti di vista con teorico spiazzamento del pubblico e, invece, voilà, più domande di prima (spoiler alert!):
- Ma ‘sto gran genio di Nathan l’unica cosa che non aveva
capito era che i blackout li provocava Ava? E c’ha messo 5 giorni a mettere una
telecamera a batteria nella stanza dei colloqui?
- Nessuno degli sceneggiatori ha mai letto Asimov? Nemmeno
visto Io, robot? Non dico citare a memoria le tre leggi della robotica ma
almeno inserire un comando vocale per spegnere il cervello dell’intelligenza
artificiale in caso di cazzi amari? ‘Na roba tipo “Geronimo” e il robot si accascia, no?
- Quanto possono essere affilati i coltelli? E che sò,
katane?
Del film mi sono piaciute poche cose, insomma.
A parte lo sviluppo delle intelligenze artificiali,
l’intuizione che più mi ha colpito è stata quella di usare i motori di ricerca
(viene menzionato un alter ego di Google) per elaborare, processare e
condensare il modo in cui l’umanità pensa.
Il che è abbastanza verosimile, se ci pensate.
Ah, niente più spoiler.
Insomma, per farla breve: volete vedere un bel film sull'evoluzione dei rapporti tra uomo e macchina?