La copertina (bruttina) del libro |
Si vede che scrivere di libri mi ha preso bene perché – a
soli tre giorni di distanza – eccomi con un’altra recensione letteraria (sì, il
tono di questa prima frase è volutamente autoincensatorio ma chi conosce la mia
scarsissima costanza sa lo sforzo fatto per scrivere due post in tre giorni).
Complice un amico che mi consiglia e mi spaccia i libri,
sono arrivato ad avere tra le mani prima Anna di Niccolò Ammaniti (qui la
recensione se ve la siete persa) e poi Epepe di Ferenc Karinthy.
Di quest’ultimo mi aveva attirato la trama, perché se fosse
stato per la sola copertina l’avrei bellamente saltato: un noto linguista, il
sig. Budai, per un caso fortuito prende l’aereo sbagliato e si ritrova in una
città sterminata, affollata all’inverosimile e i cui abitanti parlano una
lingua a lui incomprensibile.
Ora, se la stessa cosa dovesse capitare a me che di lingue
ne parlo a stento due e ne capisco sì e no tre, mi preoccuperei immediatamente:
immaginavo che il sig. Budai, da esimio conoscitore di almeno una decina di
idiomi, dopo il comprensibile smarrimento iniziale si sarebbe messo di buona
lena a interpretare questa nuova lingua, arrivando poi a padroneggiarla, farsi
capire, comprare un biglietto di ritorno, salutare tutti e tornare a casa.
Il chiarissimo prof. Budai come me l'ero immaginato sulla scaletta dell'aereo. |
E invece.
Queste due parole sono l’essenza del libro.
E invece nessuno lo capisce, né si sforza di farlo.
E invece di riuscire a decifrare la lingua, Budai si perde d’animo.
E invece di pensare a come scappare dall’inferno in cui è
capitato, lui si innamora.
Potrei andare avanti così per almeno quindici righe (e invece…)
Quello che però ha reso quasi insopportabile la lettura di
questo libro è stata l’assenza di ogni empatia per il prof. Budai. Per quanto
mi sia sforzato, non sono riuscito a entrare in sintonia con il poliglotta
sperduto nella città senza nome.
E in più (spoiler alert) l’unica cosa che mi ha spinto a
leggere fino in fondo Epepe, ossia la curiosità di sapere quale fosse questa
città e come il professore sarebbe riuscito a fuggirne, non viene soddisfatta.
Lui, semplicemente, trova un fiumiciattolo e decide di seguirlo fino al mare,
dove spera di trovare una nave che lo condurrà a casa.
E mi hai fatto leggere 300 pagine per questo?
È tempo di votazione: 5. Senza appello.