sabato 28 marzo 2015

Sabato a fumetti. Voi li leggete gli articoli dell’Almanacco della paura?

La copertina del magazine, di Brindisi e De Felici

Il Dylan Dog Magazine, nuovo nome per l’Almanacco della paura, è uscito nelle edicole il 24 marzo 2015.

A un primo sguardo, le novità riguardano principalmente i contenuti a fumetti: alla storia al centro dell’albo (Nuovo cinema Wickedford, di Barzi e Brindisi) si aggiunge una gustosa storia breve in chiusura (Il saldo, di Gualdoni e De Tommaso) e una terza inserita nella sezione iniziale dell’albo (Susy e Merz - Una gita a Carcosa, di Bacilieri e Giusfredi).

Gli articoli dell’Almanacc del Dylan Dog Magazine trattano novità e recensioni a tema horror, concentrandosi, di volta in volta, su una specifica categoria:
- Sullo schermo
- A fumetti (qui la storia Susy e Merz)
- Su carta
- In scena
- In tv
- In gioco

Subito dopo, a rendere corposo il magazine, tre sezioni generiche, gli Horror files:
- La morte abita in provincia, una panoramica sui piccoli centri abitati, trasformati per poche ore nell’epicentro di un orrore epico (dal Twin Peaks dell’omonima serie alla sfortunata cittadina della Pennsylvania in cui si scatena la gelatina rosa passata alla storia come Blob)

- Tutto iniziò nel castello d’Otranto, ovvero le origini della letteratura gotica

- Sono dentro uno slasher e voglio uscirne vivo, un saggio sui maniaci assassini nei film e un manuale di sopravvivenza alle loro motoseghe, asce, maceti e simili.

Una lettura piacevole ma, tornando al titolo di questo post, confesso che raramente sono riuscito a leggere tutto l’almanacco subito dopo l’acquisto… normalmente lo uso come riferimento cartaceo per la scelta di film, giochi e fumetti a tema horror e quindi ne spalmo la lettura su un periodo di tempo molto lungo.

Qualche volta è successo pure che me ne sia dimenticato e l’abbia riposto senza averlo finito.

Ultima cosa: non fatevi ingannare dallo spessore dell’albo: il numero di pagine è sempre lo stesso, hanno solo cambiato la carta su cui è stampato. 

Hanno cambiato pure la costa dell’almanacco, il che suscita nel mio io collezionista due reazioni opposte: la grande gioia di possedere tutte le uscite dell’almanacco della paura e la sottile frustrazione derivante da un nuovo formato da incastrare in libreria. 
Mi pare, tutto sommato, una reazione equilibrata.

Voto finale? 7 e ½: 7 per esser rimasti comunque dentro il solco della tradizione che gli affezionati lettori si aspettano e ½ per incoraggiare gli autori a proseguire con le novità introdotte.

lunedì 23 marzo 2015

Fuoriprogramma: non serie ma programmi tv


Logo trasmissione Gazebo
Anche io faccio parte della nutrita schiera di persone che dichiara con un certo orgoglio di non avere la televisione da almeno 10 anni e di vivere molto meglio così.
Questo non vuol dire che non abbia l’apparecchio televisivo, vuol dire semplicemente che non è collegato ad alcuna antenna o decoder. Insomma è uno schermo su cui vedo i film e le serie tv scaricat legalmente acquistati.

C’è una sola eccezione alla regola: gazebo, quel programma televisivo così bello che la tv italiana l’ha messo in terza serata la domenica e in seconda il lunedì.

Il programma nasce dall’idea di Diego Bianchi, in arte Zoro: blogger e youtuber prima, autore e conduttore poi. 
Oltre a lui, i collaboratori alla riuscita del programma sono Marco Dambrosio – Makkox alla genialità e ai disegnetti, Marco Damilano allo spiegone politico, David Allegranti ai servizi disagevoli (casa pound, lega e compagnia cantante), Mirko Matteucci al taxi poll e Andrea Salerno alla guida della vespetta e al commento in video. 
C’è anche un’ottima band che accompagna gli ospiti e la trasmissione e altri collaboratori che sicuramente mi sarò scordato (scusatemi!).

Gazebo è, secondo me, un nuovo modo di fare televisione: servizi con punti di vista originali su argomenti poco conosciuti, commenti e approfondimenti sulla stretta attualità, strizzate d’occhio a twitter con tutte le gaffe dei politici e le relative bastonature dei follower (non perdetevi la social top ten del lunedì, mi ringrazierete!), vignette, disegni e animazioni sempre feroci, puntuali e pungenti.

Il ritmo sostenuto della trasmissione (a parte qualche servizio un tantino troppo lungo, tipo quello di ieri sera sul papa a Scampia), la sensazione di familiarità per cui ti sembra di stare a casa a commentare con qualche amico un video su youtube e l’ironia degli autori mi ha fatto fare uno strappo alla regola tassativa “niente tv”.

Se dovessi citare un difetto, in chiusura, mi verrebbe da chiedere perché certi servizi in esterna si sentano così male ma così male da non farmi capire una beneamata... avete già messo a budget un microfono decente?

Ah, tanto per essere precisi (e magari utili): gazebo va in onda su rai tre la domenica alle 23.45 (con quei dieci minuti di ritardo accademico, pigliatevela comoda) e il lunedì alle 23.00.


sabato 21 marzo 2015

Sabato a fumetti - Saga

I tre protagonisti di Saga: Alana, Marko e la piccola Hazel


Ho cominciato a leggere Saga, di Brian K. Vaughan e Fiona Staples, perché nel piccolo grande mondo del fumetto (italiano e straniero) non si parlava d’altro, lo ammetto. 
Sui libri riesco ancora a essere snob, a farmi piacere solo i titoli che decido io e a leggere con sufficienza gli autori mainstream. 
Coi fumetti ancora no: a volte mi butto nel fiume delle nuove uscite e mi faccio trasportare dalla corrente. 

Questo non vuol dire che compri tutto a scatola chiusa (ho ancora un po’ di gusto, eccheè), però quando nella descrizione di una serie c’è scritto fantascienza o fantasy difficilmente riesco a resistere. 

Sì, solo su queste poche righe potete edificare almeno 10 stereotipi, lo so.

Già dalle prime pagine di Saga sapevo che ne avrei voluto sempre di più, sempre più velocemente.
Il soggetto può non essere originalissimo (una coppia che sta insieme sfidando le avversità e le convenzioni, le cui famiglie sono assolutamente contrarie… vi dice niente?) però i due autori sono stati capaci di creare un intero universo di personaggi, razze, mondi, armi, mezzi di trasporto, incantesimi, droghe, mostri e chi più ne ha più ne metta che sono una gioia per gli occhi (sia da leggere che da ammirare).

I quattro volumi usciti finora hanno un buon ritmo e soprattutto mi hanno lasciato ogni volta la voglia di andare avanti con la storia, la curiosità di sapere cosa sarebbe successo nel volume successivo. 
Il che non è sempre positivo (perlomeno non alla lunga) ma finora è piacevole.


In ogni caso, si attestano tra le migliori letture degli ultimi mesi… e speriamo pure dei prossimi (il quinto volume è ancora in lavorazione).

Ah, tanto per chiudere, i cari Brian e Fiona hanno creato lui 
L'animale più utile dell'universo
Gatto bugia
che insieme a loro (che non c'entrano niente con Saga ma avremo comunque modo di parlarne!)

Le creature più stupide dell'universo
Creature ratto
saranno le mie prime richieste all’ingegneria genetica del futuro.

giovedì 19 marzo 2015

Mercoledì cinema, giovedì recensione. Foxcatcher

La locandina del film


Foxcatcher è profondamente diverso da quello che mi aspettavo dopo averne visto il trailer.

Nell’ultimo mese il trailer in questione è passato praticamente prima di ogni proiezione a cui abbia assistito e io ho immaginato che il film parlasse di un atleta (Mark, interpretato da Channing Tatum) e del rapporto tormentato col suo coach (John Du Pont, alias Steve Carell nella prima interpretazione drammatica).

Invece Foxcatcher parla di due psicosi: il complesso d’inferiorità di Mark nei confronti del fratello Dave (Mark Ruffalo), da cui cerca di emanciparsi in ogni modo – compreso il finire nelle grinfie di uno che è chiaramente un pazzo fin dalla prima inquadratura – e il senso di inadeguatezza di John Du Pont (il pazzo di cui sopra) nei confronti della madre che stronzamente fisserà i suoi patetici tentativi di farsi dare una pacca sulla spalla con immobili occhi di ghiaccio.

Vale la pena vederlo? 
Sì, non fosse altro perché è solido come le spalle di Ruffalo, inquietante come i denti di Carell e lento come i passi di Tatum. 
Certo, tre quarti del circolino del mercoledìcinema non era esattamente entusiasta della mia scelta ma… ehi, questo è il mio blog e vi beccate la mia opinione.


E comunque io pensavo che la lotta fosse uno sport fatto solo di tanta forza e, invece, c’è bisogno di essere un sacco agili per fare quei movimenti rapidissimi addosso a un tizio grosso come un bue. 

lunedì 16 marzo 2015

Ernest Cline, l’ autore che pare cresciuto nella tua stessa sala giochi

La versione in rosso della copertina di Ready Player One


Oggi tocca a uno di quei libri che quando li finisci, ti assale la sensazione che ogni lettura successiva sarà scialba. 
Per me almeno è stato così: ho dovuto approdare a Mr. Mercedes di Stephen King per riprendermi.

Ready Player One di Ernest Cline è una lettura obbligata se siete nati a cavallo tra i ’70 e gli ’80 e avete visto (e adorato) War Games, Navigator e Ladyhawke, giocato a tutti i grandi classici dei videogiochi e respirato a pieni polmoni quella cultura pop che sarebbe diventata la base formativa di ogni buon nerd trentenne di oggi. Se in più vi siete trovati a bazzicare – da ventenni – World of Warcraft e i gdr online, il quadro è completo.

Un libro (di fantascienza) talmente pieno di citazioni da farmi salire la scimmia per le spalline e i capelli cotonati.

Non vi sto a raccontare la trama, quella la trovate su google o in quarta di copertina. Vi dico solo che io in quel mondo mi ci sono divertito un sacco.

Perché parlarne solo ora, a diversi anni dall’uscita? 
Io l’ho letto solo qualche mese fa, innanzitutto.
E poi a luglio è prevista l’uscita del nuovo romanzo di Cline: Armada… e direttamente dal sito di Cline si approda a questo: Armada is at once a rollicking, surprising thriller, a classic coming of age adventure, and an alien-invasion tale like nothing you’ve ever read before—one whose every page is infused with author Ernest Cline’s trademark pop-culture savvy.  

Ebbè, che vuoi di più? Thriller, avventura e alieni.

Vado a preparare un fortino sul divano.

venerdì 13 marzo 2015

Di quel giorno in cui mi resi conto di essere un giocatore della domenica.

Il meme che incrocia Dark Souls e Lo hobbit


Sono nato all’inizio degli anni ’80 e quindi ho passato l’infanzia, l’adolescenza e l’età adulta (quindi ancora adesso) attaccato ai videogiochi. 
Ho visto l’evoluzione della grafica, delle storie e dei personaggi. 
Ho visto la trasformazione di realtà indipendenti in colossi dell’intrattenimento e multinazionali sbriciolarsi sotto il peso di un paio di titoli sbagliati.

Vabbè, tutto questo per dire che quando c’è fuori il sole, io chiudo le finestre e impugno il pad. Ero convinto di essere un buon giocatore che si divertiva e riusciva a sconfiggere mostri, scalare città, trasformarsi e evolversi senza grossi problemi.

Tutto questo fino a quando non mi sono imbattuto in Dark Souls II.

Ora, prima di comprare un gioco, io leggo le recensioni, i forum e i siti nerd. Scelgo con cura perché non posso comprarne troppi (ho anche una vita, quindi pochi soldi e poco tempo). Avevo letto che Dark Souls II era difficile ma pensavo che, alla luce della mia esperienza pluriennale, mi sarei divertito. Bestemmiando, ok, ma comunque divertito.

E niente, dopo un giorno l’ho riportato al negozio e ho preso un’alternativa.

Che avreste fatto voi se vi foste ritrovati nello stesso cazzo di punto dopo quasi 4 ore di gioco? 

Ho dovuto ritarare il mio status da hardcore gamer a pippa.

P.S.
Due post in due giorni. Non manterrò mai questa media.

P.P.S.
Visto che questa dovrebbe essere una recensione, vi dico che la mia limitata esperienza con Dark Souls II è stata positiva. Frustrante ma positiva. Bel gameplay, crescita del personaggio ben strutturata, comandi intuitivi. Peccato.

giovedì 12 marzo 2015

Mercoledì cinema, giovedì recensione. Kingsman - Secret service

La locandina del film

Ieri sera, col circolo del mercoledì cinema, la scelta è caduta (proprio caduta perché pare che non ci fosse nient'altro in sala) su Kingsman.

Un film discreto, al netto dei dialoghi poco incisivi e delle scene di lotta collettiva girate molto bene (quella nella chiesa vale da sola il prezzo del biglietto).
Le strizzate d'occhio al genere spy story di decenni diversi sono una delle cose per cui mi sono divertito di più e il suggerimento per le prossime protesi di Pistorius è un bell'omaggio doppio a Planet terror.

Peccato non averlo visto in lingua originale, la zeppola di Samuel Jackson era insopportabile.

Tutto sommato, un 6 e 1/2 se l'è guadagnato... non fosse altro per quel culo in chiusura.